Spettri di frontiera, Ambrose Bierce

Editore: ADIAPHORA
Traduzione di Matteo Zapparelli Olivetti

C’è un punto in cui il terrore può trasformarsi in follia, e la follia incita all’azione. Senza uno scopo preciso, senza alcun motivo se non l’imprevedibile impulso di un pazzo, Murlock balzò verso la parete, a tentoni afferrò il fucile carico e, senza prendere la mira, fece fuoco. Nel lampo che illuminò vividamente la stanza, vide un’enorme pantera trascinare la donna defunta verso la finestra, con i denti a affondati nella sua gola! Poi sopraggiunsero tenebre ancora più fitte di prima, e silenzio. E, quando l’uomo ritornò in sé, il sole era alto nel cielo e il bosco risuonava dei canti degli uccelli.

Se da ragazzi vi chiudevate in camera, sotto le coperte, a leggere i racconti di Piccoli brividi e se conoscete a memoria tutte le storie di Edgar Allan Poe, allora il libro che voglio raccontarvi per il nuovo numero di Tre alla terza è quello che fa per voi.
Si intitola Spettri di frontiera, di Ambrose Bierce, edito dalla casa editrice veronese Adiaphora. È uscito a dicembre 2019 ed è una raccolta di raccolti per veri intenditori del genere gotico.
Un genere, a dire la verità, che conosco poco e che con questo libro ho avuto modo di scoprire e approfondire.
La raccolta contiene storie di paura, di fantasmi, di delitti. Il filo conduttore è il mistero: in tutte le storie aleggia un velo sottile di irrisolto, come se ci fosse sempre qualcosa di sospeso. Le ambientazioni suggestive e spesso tetre rendono i racconti ancora più intriganti. Le descrizioni sono brevi, ma molto precise. E poi, non poteva mancare il fascino del surreale: così, tra le pagine, incontriamo un uomo che esce dal naso, case infestate da spiriti malvagi, animali feroci, e orologi magici.
La scomparsa improvvisa di alcuni personaggi è un altro elemento comune a quasi tutti i racconti; per esempio nella storia «Dal vecchio Eckert», il protagonista – soprannominato da tutti “il vecchio Eckert” – scompare senza lasciare tracce. Negli anni successivi, si sparge la voce che la casa sia infestata e alcuni cittadini decidono di entrare per indagare e capire cos’è successo, ma proprio uno di loro, il giorno dopo, viene inspiegabilmente trovato morto. Un altro racconto di sparizioni misteriose è «Un rampicante su una casa» che ha come protagonista la famiglia Harding ed è ambientato nel Missouri. Un giorno la signora Harding parte per non tornare mai più. Poco dopo anche il marito se ne va, nessuno scoprirà mai dove. Da quel momento la loro casa rimane abbandonata. Qualche anno dopo, i cittadini decidono di estirpare l’enorme rampicante che è cresciuto sui muri dell’abitazione. Ma quando provano a toglierne le radici, scoprono un macabro segreto.

 

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Segreti, incognite, dubbi e scomparse accompagnano l’intera raccolta. D’altronde, anche la vita di Bierce è profondamente legata a questi temi: la sua sparizione è forse una delle più famose nella storia della letteratura americana. Un enigma senza risposta. Scomparve nel nulla durante la battaglia di Ojinaga l’11 gennaio 1914 e ancora oggi non ci sono prove attendibili che attestino la sua morte.
Molto interessante è il modo in cui la vita dell’autore si intreccia perfettamente con i suoi racconti.
Con uno stile barocco ma pulito, presenta al lettore storie macabre, spettrali, ma che lasciano sempre spazio all’interpretazione. È come se l’autore disegnasse con estrema precisione la struttura generale del testo e permettesse poi al lettore di definirne i contorni e le sfumature.
Un esempio è «L’orologio di John Bartine», a mio avviso il racconto più bello, in cui Bierce – da vero maestro del non detto – lascia spazio a più letture su fantasmi e morti che tornano nel mondo dei vivi.
Sì, perché nei racconti di Bierce i personaggi sono tormentati, inquietanti, colpevoli e hanno sempre una questione in sospeso. Per questo riappaiono e si manifestano in una nuova forma. Si reincarnano. E la scrittura accurata e minuziosa rende il tutto ancora più intenso e cupo.

Da traduttrice, ho apprezzato molto la scelta della casa editrice di regalare al lettore una raccolta di racconti inedita e con il testo originale a fronte. Avere a portata di mano il testo dell’autore è una vera perla rara, quindi condivido a pieno questa decisione. La traduzione è di Matteo Zapparelli Olivetti così come la bella e dettagliata prefazione che precede le storie di Bierce. Nella prefazione, il traduttore racconta la vita, le opere e lo stile di Bierce, mettendo in risalto un autore rimasto troppo a lungo nell’ombra.
C’è una cura particolare per gli aspetti formali, e la scelta dei traducenti usati nei racconti lascia trapelare una ricercatezza scrupolosa e un lavoro attento. In generale, l’italiano rispecchia fedelmente l’inglese e al lettore viene restituito tutto il mondo tenebroso e oscuro di Bierce.
Molto ben riuscite sono le brevi descrizioni dei personaggi. Ecco di seguito un esempio:

Something besides years had had a hand in his aging. His hair and long, full beard were white, his gray, lustreless eyes sunken, his face singularly seamed with wrinkles which appeared to belong to two intersecting systems.

Qualcosa oltre all’età aveva contribuito al suo declino. I capelli e la lunga barba incolta erano bianchi, gli spenti occhi grigi erano infossati, il volto curiosamente solcato da rughe che parevano appartenere a due corpi intrecciati tra loro.

In alcuni punti, invece, ho trovato la lettura un po’ faticosa, forse per l’uso insistente delle relative e del passivo:

At dinner one day Conway told me that it had been solemnly agreed between him and Barting that the one who died  first should, if possible, communicate with the other from beyond the grave, in some unmistakable way – just how, they had left (wisely, it seemed to me) to be decided by the deceased […]

Un giorno, a cena, Conway mi rivelò che era stato solennemente deciso tra lui e Barting che colui che fosse morto per primo avrebbe dovuto, se possibile, comunicare con l’altro da oltre il sepolcro, in una qualche maniera inequivocabile… Esattamente in che modo, avevano lasciato (saggiamente, a mio parere) che fosse il defunto a deciderlo […]


He lived alone in a house of logs surrounded on all sides by the great forest, of whose gloom and silence he seemed a part

Viveva da solo in una casa di tronchi circondata da ogni lato dalla grande foresta, della cui oscurità e del cui silenzio lui sembrava far parte

 

È vero che anche in inglese troviamo frasi molto lunghe e articolate, ma in italiano risultano subito difficili da seguire. Magari sarebbe stato meglio scioglierle, eliminando qualche relativa. Anche il registro, a volte, mi è sembrato un po’ troppo alto. Spesso il traduttore ha preferito usare un lessico più sostenuto rispetto all’originale.

 

[…] among those remaining was one who had been of those first arriving.

[…] tra coloro che erano rimasti c’era un uomo che era stato tra i primi a giungere.

E ancora:

Attributing this to the continuous uproar of the thunder

Attribuendo ciò al continuo fragore dei tuoni

Ci troviamo di fronte a un testo dell’Ottocento, pieno di insidie e ostacoli e la traduzione, si sa, non è una scienza esatta ed è un mestiere difficilissimo. In ogni decisione di un traduttore ci sono dietro ragionamenti, studi e rinunce. E, nonostante non condivida a pieno alcune scelte traduttive, Matteo Zapparelli Olivetti dimostra grande consapevolezza e professionalità. Devo inoltre ringraziarlo per avermi fatto scoprire un autore così interessante e che spero possa arrivare a tutti gli amanti dell’horror.

 

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