Clessidra, Dani Shapiro

Editore: Edizioni Clichy
Traduzone di Gaja Cenciarelli

 

Vi capita mai di pensare al tempo che passa? Ricordi e speranze, gioie e dolori, difficoltà e trionfi. Ecco i fili della trama, che la protagonista-autrice di questo memoir intreccia con maestria sulla sua tela. Pagina dopo pagina, il tessuto di Dani prende forma e colore. Conosciamo la famiglia di D., il marito M. e il figlio Jakob, i suoi due cani. Scopriamo che la sua casa  ha bisogno di qualche lavoretto e che lei sta facendo ordine per eliminare il superfluo (complice un libro appena letto sull’arte giapponese del riordino). E proprio mentre “sgombera” i cassetti, ritrova alcuni oggetti importanti. Il diario della luna di miele, appunti e biglietti vari, vecchie fotografie – oggetti 

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perduti su cui si sedimentano i suoi ricordi. Dani si confronta con il riflesso di sé stessa. Parla del suo lavoro di scrittrice e insegnante, e indaga su come il tempo sia riuscito a definire la persona che è diventata. E da qui comincia il suo viaggio attraverso gli anni, un insieme di frammenti in cui D. riflette sul suo matrimonio e sulla sua identità. Ripercorriamo insieme a lei gli avvenimenti cruciali della sua vita, i drammi famigliari e i momenti felici come il primo incontro con M. e il matrimonio. Ma sullo sfondo intravediamo le paure di D. nei confronti del futuro incerto, e i dissapori che si insinuano nella coppia, dovuti a stipendi  troppo spesso altalenanti. Granello dopo granello, scorre il tempo nella clessidra di D. che ci conduce alla sua angoscia più grande: il dubbio della tacita infelicità del marito, quell’anima intrepida, «ferita» ai suoi occhi. Eppure M. era così spensierato e orgoglioso da giovane quando faceva quella vita: adrenalinica e pericolosa. Magari sognava una vita diversa, una carriera diversa. E se un giorno le chiedesse lo scotto? Poi improvvisamente la clessidra si capovolge e la tensione si allenta. D. si concentra su quello che hanno costruito e affrontato insieme – lei e M. E la speranza sembra riaccendersi sul suo viso, merito anche alle parole di Rilke che sono per lei una risposta e un conforto:

 Lascia che tutto ti accada: bellezza e terrore.

L'autrice americana Dani Shapiro
L’autrice americana Dani Shapiro

Se dovessi definire la scrittura di Dani Shapiro in una sola parola probabilmente sceglierei «calamita». Non un aggettivo quindi, ma un nome. Scelta strana, eh? Non così tanto, perché le parole della scrittrice sono magnetiche e catturano l’attenzione di chi legge. Più volte si rimane così rapiti nella lettura da perdere la cognizione del tempo. Sarà per l’approccio intimo di D. che, con grande trasparenza e spontaneità, permette ai lettori di accedere alla sua vita privata. O forse il tono generale del memoir, così riflessivo e ricco di spunti illuminanti. Più volte ho avuto la sensazione di identificarmi con Dani e le sue emozioni. Ho capito le sue inquietudini, condiviso le sue scelte e i suoi successi, e – confesso – mi è capitato persino di commuovermi insieme a lei. Un’altra cosa molto originale di Clessidra ruota intorno a due espedienti narrativi vincenti. Uno: l’invito alla riflessione attraverso gli innumerevoli riferimenti a personaggi letterari, come Rilke, Virginia Woolf,  Kurt Vonnegut, Wendell Berry, e altre figure di spicco del panorama sociale e filosofico. Una costellazione di persone che con i loro aforismi danno credibilità e spessore alla trama. E due: gli intervalli. In questo libro dove il passato sfuma nel presente, che a sua volta si confonde nel futuro, potrebbe essere facile disorientarsi. Ma la scrittrice supera questo rischio disseminando qui e là alcune spie, che risuonano nella mente come delle “sirene”. Queste spie ci permettono di ricostruire i piani temporali. Sono facilmente riconoscibili perché ricorrono più volte e divengono un Leitmotiv – una sorta di filo conduttore. Voci, suoni che distraggono D. e il lettore. Come il picchio, che sta perforando la casa di D.: il suo rat-tat-tat  “risveglia” la protagonista e interrompe i suoi ricordi più remoti. E poi ci sono le pagine, segnalate dal corsivo, del diario giovanile di D. che raccontano il suo viaggio di nozze in Francia e ricatapultano il lettore nel passato. Dani Shapiro rivela quindi una grande abilità nel gestire il tempo e il suo stile penetrante e aggraziato rende la lettura piacevole e appassionante. Non avrei mai pensato di non annoiarmi leggendo un libro su famiglia e matrimonio – in genere non sono i miei temi preferiti. E invece…

E ora arriva il bello, parliamo della traduzione. È stato davvero soddisfacente, da traduttrice, confrontare l’originale in inglese con la traduzione italiana di Gaja Cenciarelli. Ho trovato delle buone rese per le immagini, con cui spesso l’autrice decora i suoi ricordi e spesso, girando le frasi, la traduttrice è riuscita a proporre buone soluzioni.

Already my mind is a kaleidoscope. Years vanish. Months collapse. Time is like a tall building made of playing cards. It seems orderly until a strong gust of wind comes along and blows the whole thing skyward. Imagine it: an entire deck of cards soaring like a flock of birds. A song comes on the radio and now I am nursing my baby to sleep, his sweet little body heavy in my arms.

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L'edizione inglese del libro
L’edizione originale del libro

La mia mente è già un caleidoscopio. Gli anni svaniscono i mesi crollano. Il tempo è come un edificio alto fatto di carte da gioco. Sembra solido finché arriva  una forte raffica di vento e butta tutto all’aria. Immaginate: un intero mazzo di carte che si alza in volo come uno stormo di uccelli. Dalla radio arriva una canzone e all’improvviso ecco che mio figlio si addormenta mentre lo sto allattando, il dolce peso del suo corpicino tra le mie braccia.

Ho visto anche mantenute gran parte delle ripetizioni , e questo era ancora più importante in un libro come Clessidra visti i numerosissimi rimandi: elementi che appaiono e scompaiono a intermittenza, e tornano periodicamente in varie parti del testo, quasi fossero dei ritornelli. Guardiamo più da vicino questa citazione:

Donald Hall describes the rhythm of daily life on his family farm during his twenty-three-year marriage  to the late poet Jane Kenyon. “We didn’t spend our days gazing in each other’s eyes. We did that gazing when we made love or when one of us was in trouble, but most of the times our gazes met and entwined as they looked at a third thing. Third things are essential to marriages, objects or practices or habits or arts or institutions or games or human beings that provide a site of joint rapture or contentment. Each member of a couple is separate; the two come together in double attention. Lovemaking is not a third thing but two-in-one. John Keats can be a third thing, or the Boston Symphony Orchestra, or Dutch interiors, or Monopoly. For many couples children are a third thing

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Donald Hall descrive il ritmo della quotidianità nella sua fattoria di famiglia durante i ventitré anni di matrimonio con la defunta poetessa Jane Kenyon. «Non passavamo le giornate a guardarci negli occhi. Quello sguardo lo riservavamo ai momenti in cui facevamo l’amore, o a quando uno dei due era nei guai, ma per la maggior parte del tempo i nostri sguardi si incontravano e intrecciavano quando guardavo una terza cosa. Le terze cose sono essenziali per i matrimoni, oggetti o attività o consuetudini o opere d’arte o istituzioni o giochi o esseri umani che siano un luogo condiviso di estasi e appagamento. Ogni membro di una coppia è una creatura distinta e separata dall’altro; i due si uniscono raddoppiando l’attenzione. Fare l’amore non è una terza cosa, sono due cose che diventano una sola. John Keats o l’Orchestra Sinfonica di Boston, o i mobili olandesi, o il Monopoli. Per molte coppie, i figli sono una terza cosa».

Ma la cosa che più mi è piaciuta riguarda la punteggiatura. La traduttrice non è intervenuta sulle frasi brevi e spezzettate; non ha sostituito i trattini, non ha eliminato le frequenti ripetizioni delle congiunzioni coordinanti, in particolare delle e delle o (molto comuni in inglese, vedi anche sopra). Condivido questa scelta perché permette al lettore di apprezzare meglio lo stile frammentato di Dani Shapiro e il ritmo tamburellante delle sue frasi.

Now my aunt is asking about M., and I hear my own voice quaver as I strive for equilibrium. She loves M., and I don’t want to burden her. I tell her about M.’s struggles his third rewrite of the television pilot, the postponement with the comedian—and can feel her listening carefully on the other end of the phone. And then she asks: How are his spirits?

Before I know what’s happened, tears are rolling down my cheeks. That gentle questionhow are his spirits?has unleashed in me a sorrow so intense that I am unable to contain it.

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Ora mia zia  mi chiede di M., e io sento che la voce mi trema mentre mi sforzo di essere equilibrata. Lei ama M., e io non ho intenzione di gravarla di questo fardello. Le racconto degli impegni di M. la terza riscrittura del pilota per la televisione, il rinvio con il comico – e la sento ascoltare con attenzione all’altro capo del filo. E poi chiede: Di che umore è?

Prima di rendermene conto, ho le guance bagnate di lacrime. Quella domanda gentile Di che umore è? ha scatenato in me un’angoscia così intensa da essere incontenibile.

Gaja Cenciarelli ha gestito bene anche la traduzione delle pagine di diario, tanto essenziali da sembrare a volte incomplete. Mancano i soggetti, i nessi logici sono approssimativi, del resto in un diario la scrittura è poco controllata. L’italiano appare molto simile all’inglese, e quindi anche l’effetto è lo stesso; merito della traduttrice che non ha razionalizzato.

Today we ventured across the Seine only to discover that the Beauborg was closed. Went to Agnes B. where M. bought two nice shirts. Walked through the Marais, went to Ma Bourgoune, where a pigeon shat all over the back of M.’s new Agnes B. shirt. D. went upstairs and washed it off in a public restroom.

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Oggi ci siamo avventurati sulla senna ma abbiamo scoperto che il Beaubourg era chiuso. Andati da Agnès B., dove M. ha comprato due belle camicie. Fatto una passeggiata nel Marais, andati a mangiare da Ma Bourgogne, dove un piccione ha fatto la cacca dietro alla camicia nuova di Agnes B. di M. D. è salita di sopra e l’ha lavata nel bagno del ristorante.

Due parole sulle difficoltà traduttive del testo in inglese, e di come sono state affrontate. Un primo ostacolo riguarda le citazioni, che ricorrono continuamente. Tradurre le citazioni richiede un gran lavoro di ricerca preliminare per capire se esiste una traduzione; nel caso in cui non esista bisogna fornire una traduzione propria e non è sempre facile, soprattutto qui dove vengono citati pensieri e aforismi di autori illustri, filosofi e psicologi. Altro elemento problematico immagino possano essere stati i deittici, ovvero quelle parole che comunicano la distanza tra chi scrive e chi legge. In Clessidra passato presente e futuro si alternano e mescolano di continuo. Tradurre voci come these, that oppure once, then nel modo più appropriato implica sapersi districare bene nel flusso temporale degli eventi narrati. E quando ci sono di mezzo i tempi, spesso bisogna faticare un po’ nel tradurre. Ma anche in questo caso, confrontando le lingue, ho notato una discreta consapevolezza e una giusta presa di distanza da parte della traduttrice. Un’ultima sfida riguarda invece i suoni e le rese più creative, soprattutto  per contenere i residui. Il testo non si caratterizza per la musicalità, il corpo sonoro era abbastanza marginale. Ad essere più rilevanti sono alcune onomatopee, le “sirene” di cui vi accennavo prima. Anche in questo caso ho apprezzato la coerenza, persino i rumori vengono lasciati identici all’originale. Quindi il fucile fa Bam!,  il picchio Rat-rat-rat. Unica perplessità, in alcuni casi forse sarebbe valsa la pena provare a tradurli diversamente e convertire i rumori in onomatopee più vicine alle sonorità dell’italiano. Quanto all’originalità, c’è una parola che forse andava “creata” da zero, perché non esiste in inglese: coy-wolfes. Ovvero meticci tra coyote e lupi. La traduttrice ha mantenuto la stessa cosa in italiano. Scelta condivisibile, ma in inglese l’autrice ha formato la parola attraverso un composto. Confesso che mi sono chiesta due cose dopo aver letto coy-wolves nella traduzione. Il lettore italiano capisce? L’effetto è lo stesso? Mi sono risposta che sì, probabilmente capisce, ma mi sarebbe piaciuto vedere una parola più originale, inventata di sana pianta, che magari  strappasse un sorriso anche al lettore italiano.

 

 

 

 

 

 

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