La favolosa storia delle verdure, Évelyne Bloch-Dano

Editore: Add Editore 
Traduzione di Sara Prencipe

Eh sì! Le verdure non sono così vegetative come pensiamo; nascono, vivono, muoiono e con modestia, senza darlo a vedere, sin dall’alba dei tempi rappresentano forse l’incontro più fecondo tra natura e cultura. 

Cavolo, pomodoro, carota, zucca, topinambur. Cardo, carciofo, pastinaca, fagiolo, pisello, peperoncino. Una nuova ricetta per un buon minestrone? Non esattamente. Sono i capitoli del libro La favolosa storia delle verdure di Évelyne Bloch-Dano. Ed è proprio con questo libro appassionante che ho deciso di ripartire con la nostra rubrica dei libri in traduzione del 2020. In verità, avevo deciso di cominciare con un altro, ma poi nelle vacanze natalizie mi è capitato tra le mani questo piccolo gioiello che ho divorato, quindi sentivo di dovervelo raccontare subito.

La favolosa storia delle verdure si apre con una bella introduzione di Michel Onfray, ideatore dell’Università popolare del gusto. Il filosofo spiega ai lettori di come abbia chiesto alla sua amica e biografa Évelyne Bloch-Dano di raccontare la storia delle verdure perché «la verdura più modesta racchiude in sé l’avventura del mondo. […] Quando si mangia una verdura, dunque, è la storia del mondo che si incorpora. È compito della biografa dirci quando, come, in che modo. Ecco perché Évelyne Bloch-Dano ricorre a molteplici discipline: letteratura, storia dell’arte e della musica, poesia, cinema, storia, preistoria, geografia, geomorfologia, genetica, orticoltura, teoria del giardino e così via.»

YH5BAEAAAAALAAAAAABAAEAAAIBRAA7Sì, perché questo libro è un percorso di lettura che stimola sensi, ricordi, emozioni e rievoca inevitabilmente momenti intimi passati. Ogni capitolo è dedicato a una verdura, e l’autrice la analizza nei minimi dettagli, la rende umana, animata; ne spiega la storia, la provenienza, l’etimologia, ci regala aneddoti legati all’uso nel corso dei secoli, ricette e, cosa che ho molto apprezzato, ci offre spunti letterari per niente banali. Così in Bouvard et Pécuchet, romanzo incompiuto di Flaubert, dopo il disgelo, solo i cavoli riescono a resistere e a consolare il protagonista. Soprattutto uno: «Cresceva rigoglioso, si apriva, finì per essere portentoso, e assolutamente non commestibile.» Ne Il ventre di Parigi, invece, Emile Zola ci offre una bellissima descrizione del mercato con «cavoli ricciuti dalle larghe foglie, simili a tazze di bronzo, cavoli viola che l’aurora trasformava in fiori stupendi, color feccia di vino con lividure di carmino e porpora scuro». Ma in questo libro non troviamo solo la letteratura più raffinata. I gerghi popolari la fanno da padrone, i modi di dire sulle verdure abbondano e le curiosità su ogni ortaggio strappano un sorriso al lettore. Per esempio, perché si dice che i bambini nascono sotto i cavoli? Come mai la carota ha avuto più successo della sorella pastinaca? Da dove nasce l’idea di associare alcune verdure alla sfera sessuale? Come mai Braccio di ferro mangia spinaci e Homer ingurgita peperoncini?

Come ogni biografia che si rispetti, l’autrice risponde a tutte le domande poste e usa un linguaggio lineare e ben studiato. Scrivere la storia di qualcun altro, soprattutto se si tratta di verdure, non è affatto facile.
Dare vita alla zucca o a un pisello, rendere la verdura attraente, sono doti che solo una biografa esperta come Évelyne Bloch-Dano può avere. Già nota nel mondo letterario per aver scritto importanti biografie come quella della moglie di Zola o della madre di Proust, in questo libro la sua capacità di elaborare informazioni è davvero sorprendente. Grazie alla ricerca approfondita e alla cura minuziosa dei dettagli, il lettore sarà catturato dalle incredibili avventure di questi ortaggi. Non solo ne sarà catturato, ma addirittura entreranno in gioco le emozioni e i sentimenti: proverà pena per il povero topinambur, «questa radice strana, deforme e rugosa» e per la sua carriera alquanto difficile, tenerezza per il pisello, stupore per la facilità di coltivazione del fagiolo e un grande senso di invidia per il peperoncino e il suo effetto stimolante sull’organismo.
Bello anche l’ultimo capito dedicato alla Sicilia, in cui l’autrice inserisce qua e là note personali, deviando leggermente dai binari della biografia e trasformandola quasi in un’autobiografia.

Serre dalle piante aggrovigliate, statue malinconiche, una vasca colma di ninfee lilla, il suolo irregolare, qualche vaso o mattonella rotta: l’indolenza siciliana ai miei occhi rappresenta un supplemento di grazia.

Ma l’elemento più azzeccato e che dà al libro un vero tocco di originalità è la sottile ironia che aleggia in ogni pagina. L’autrice è divertente, abile con le parole e rende i racconti briosi. Nonostante sia chiaro l’enorme lavoro di studio e di raccolta dati che c’è dietro questa biografia, il testo risulta piacevole e mantiene sempre un ritmo incalzante. Tutti i capitoli si aprono con una frase che stimola la curiosità del lettore e la voglia di approfondire non può che essere soddisfatta. 

Che carriera! Due secoli per imporsi in Europa, una delle verdure più consumate al mondo, subito dopo la patata. Il cammino del pomodoro è uno dei più appassionanti, con gli esiti più proficui, e scommetto che non è ancora finito…

Un libro proprio ben riuscito.

E ben riuscita è anche la sua traduzione. Certo, tradurre La favolosa storia delle verdure deve essere stata una vera impresa. Con tutti gli aspetti culturospecifici e le sottodominanti presenti, il lavoro richiede esperienza e bravura.
Sara Prencipe riesce a rendere la stessa spensieratezza e abilità stilistica dell’originale. Le frasi scorrono fluide e la scelta dei termini è perfetta.
Nell’introduzione di Michel Onfray, trovo molto ben costruito l’attacco del primo capoverso di «Imboccare il cancello dell’orto» (Emprunter la porte du potager).

La feuille de route? Montrer, comme sait le faire une biographe, comment on devient ce que l’on est – quand on est un petit pois, un haricot, un topinambour… 

***

Il piano d’azione? Mostrare, come sa fare una biografa, il modo in cui un pisello, un fagiolo o un topinambur diventano quello che sono.

La locuzione feuille de route viene usata soprattutto in gergo militare per definire il titolo rilasciato dall’autorità militare ai militari che si spostano da soli. Feuille de route è anche il piano proposto nel 2003 dal Quartetto (Stati Uniti, Unione europea, Russia e Nazioni Unite) per risolvere il conflitto tra Israele e Palestina – la Road Map, in inglese. L’espressione ha assunto poi nell’uso comune l’idea di descrivere le varie fasi politiche o strategiche. Qui, anche se ci troviamo in un contesto completamente diverso da quello militare o politico, il significato è proprio quello di un piano d’azione, un programma per raggiungere un obiettivo, in questo caso quello di raccontare al lettore la grande storia delle verdure.

Molto apprezzata – per questo tipo di testo – la decisione di mettere le note in fondo, così da far assaporare al lettore la giusta dose di estraneità tra le pagine. Le canzoni e le poesie scelte dall’autrice, dunque, vengono appositamente lasciate in francese e spiegate in nota.

YH5BAEAAAAALAAAAAABAAEAAAIBRAA7Grazie a questo metodo traduttivo, il lettore ha la possibilità di avvicinarsi alla cultura francese, la sfiora, ne percepisce i sapori e le diversità. Tutti i modi di dire e le espressioni idiomatiche legate alle verdure sono spiegati al lettore, ma lasciati in francese. Scopriamo quindi che in Francia carotter significa rubare, courir sur le haricot vuol dire correre sui fagioli, ovvero fare piccole operazioni in banca, o che si usa piment (peperoncino) per le proprietà coloranti dei pigmenti; il pigmento indicava anche un balsamo profumato a base di aromi e spezie, per questo un pimentier era un imbalsamatore e un profumiere.

Insomma, viva la traduzione, arma potentissima per diffondere la conoscenza!

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