Il nostro BookMarchs

[eltdf_section_title position=”” title_tag=”” title_font_weight=”” enable_separator=”yes” separator_marquee_effect=”yes” title=”Tre giorni tra letteratura, traduzione e paesaggi bucolici”]

Venerdì 6 settembre

Dopo un viaggio in treno di quattro ore e la pancia vuota, arriviamo nelle belle Marche. Comincia così il nostro BookMarchs, il festival dei libri e dei loro traduttori organizzato e diretto da Stella Sacchini e Fabio Pedone.

Dalla stazione di Porto San Giorgio noleggiamo una macchina e ci dirigiamo verso la prima tappa: Petritoli, un paesino arroccato tra i campi e le colline verdi della valle dell’Aso. L’incontro è al palazzo comunale, e quando entriamo l’attore Piergiorgio Cinì sta leggendo Per conoscere l’oscurità (To Know The Dark) di Wendell Berry, il poeta dell’America rurale. La sua poesia, come ci racconta dopo la lettura il traduttore Riccardo Duranti, ha un tono meditativo, filosofico e una struttura ritmica che conquista il lettore. Lo sforzo principale, continua Duranti, è stato proprio quello di mantenere e riprodurre nella resa italiana il tono sapienziale e l’intenso corpo sonoro.

Berry è per noi una grande scoperta: la sua poesia è legata alla terra, al mondo naturale, e al rapporto tra l’agricoltura e l’uomo. Non è però un poeta idilliaco, sottolinea ancora Duranti. Anzi, la sua poesia indaga il mondo con concretezza, ne analizza le contraddizioni e si sofferma anche sulla morte, considerata parte del gioco, parte del tutto.

«La traduzione, come l’agricoltura, vive con l’ombra della morte accanto, ma si sforza di trasmettere vitalità. Il nostro ruolo di traduttori è di seminare vita, se spargiamo scintille di vita abbiamo fatto il nostro dovere». Con questa bella riflessione, Stella Sacchini chiude l’incontro con Duranti. Al piano di sotto, poi, ci aspetta la mostra fotografica “Perché l’amore tocchi terra” curata da Alessandro Ciaffoni: immagini che parlano di chi ancora lavora la terra, immagini che ci mostrano agricoltori, paesaggi e bestiame, immagini che odorano di passato e che evocano l’autenticità della vita rurale.

Ma la giornata non è ancora finita. Abbiamo un po’ di tempo per assaporare i prodotti locali e un buon bicchiere di Rosso Piceno. Con il cuore allegro e la pancia piena (finalmente!), ci spostiamo a Monterubbiano.

L’evento serale è dedicato a Rosa Calzecchi Onesti, una grande traduttrice di Omero. A ricordarla è il sindaco di Monterubbiano, Maria Teresa Mircoli, che ci racconta qualche piccolo retroscena sulla vita e l’intrigante personalità della traduttrice marchigiana.

I testi di Omero hanno oggi una nuova voce, che è quella di Franco Ferrari, professore di filologia classica e letteratura greca, a cui viene data la parola. La lectio magistralis di Ferrari verte sulla metrica dell’Iliade. Il professore ci regala un vero e proprio excursus sulle varie traduzioni del poema omerico e mette a confronto le scelte traduttive, soprattutto in funzione dell’esametro. Da Ennio e Virgilio alle versioni cinquecentesche in ottava rima, passando attraverso le versioni di Monti, Cesarotti, fino ad arrivare a Foscolo, Leopardi e alla stessa Calzecchi.

Della sua Iliade, tradotta e uscita per Mondadori nel 2018, dice: «Ho cercato di riprodurre lo stesso ritmo, ma senza il vincolo dello stesso numero di sillabe. Ho scelto di usare la pentafonia perché – secondo me – è la forma che più si avvicina all’esametro metrico omerico». Ferrari ha quindi voluto accompagnare il lettore in un ritmo continuo, utilizzando, però, un linguaggio chiaro e semplice. Molto apprezzato.

 

Sabato 7 settembre

La giornata è grigia, fredda e piovosa, ma a regalarci il primo raggio di sole è l’incontro su Dolores Prato. Siamo a Moresco, uno dei borghi più belli d’Italia, tra torri medioevali e piazzette nascoste.

Ad aprire l’incontro è Evelina De Signoribus, che ci racconta la singolare vicenda letteraria di Dolores Prato, la scrittrice di Treia. Figlia illegittima, abbandonata dalla madre, Dolores viene cresciuta dagli zii. Tutte le sue opere sono incentrate sui temi dell’abbandono e della solitudine.

De Signoribus sottolinea la caratteristica stilistica della Prato: «Dolores non descrive, ma evoca attraverso la memoria, i ricordi, le parole».

La sua scrittura esprime quindi una continua ricerca di affetto e di contatto umano, che riesce a trovare solo nella lingua. De Signoribus insiste su questo concetto e legge per il pubblico una citazione dell’autrice: «Quando sento una parola ne vedo quasi il volto». Spiega così l’enorme significato che le parole hanno per la Prato, suo unico modo per comprendere l’abbandono.

L’intervento continua con un’altra relatrice: Elena Frontaloni, insegnante, che di Dolores ha curato Sogni e Spartiture. Lo scopo del suo discorso è quello di emancipare l’autrice dalle due etichette, ormai datate e superate, che le sono state da sempre attribuite: quella di essere stata un caso editoriale e la scrittrice più inedita d’Italia.

È proprio vero: Dolores Prato è una piccola voce che esce da un grande libro.

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Ha smesso di piovere. L’aria è fresca, piacevole. Prendiamo un caffè servito da una donna segnata dal tempo, gentile. Ci saluta con un sorriso, e ci spostiamo a Pedaso. Siamo nella biblioteca comunale, in prima fila per l’incontro con Franca Cavagnoli su Huckleberry Finn di Mark Twain. È un incontro che ci sta a cuore, ci sembra quasi di tornare indietro di qualche anno, all’università, quando abbiamo cominciato il nostro viaggio nel mondo editoriale. D’altronde, gran parte di quello che sappiamo sulla traduzione, lo dobbiamo a lei.

Prima di entrare nel vivo, Cavagnoli lascia che siano altri autori a presentare lo scrittore americano.

Il primo è Hemingway: «Tutta la letteratura americana moderna viene da un libro di Mark Twain che si intitola Huckleberry Finn… È il miglior libro che abbiamo. Tutta la narrativa americana comincia da lì. Non c’era niente prima. E non c’è stato niente del genere dopo». Toni Morrison, invece, riconosce a Twain il merito di averle insegnato a scrivere «libri che parlano». Tra letture e riflessioni linguistiche, Cavagnoli ci ricorda che il miglior modo per tradurre Mark Twain è concentrarsi sulle caratteristiche del parlato, usare la paratassi, evitare il congiuntivo e sostituire tempi verbali complessi con l’imperfetto.

A proposito di verbi, un altro suggerimento che offre ai presenti è quello di tradurre il past simple con il passato prossimo, e non con il passato remoto. Interessante è anche la differenza di registro dei due protagonisti del romanzo. Per Huck si può attingere dalla lingua dei giovani, mentre per Jim è più opportuno scendere al di sotto del linguaggio informale, spingendosi quasi al confine con il dialetto. Nel caso di Jim, però, non bisogna cedere alla tentazione di usare una lingua troppo sgrammaticata; il rischio sarebbe quello di stereotipare il personaggio e appropriarsi dell’altro.

Il linguaggio di questo libro segna una svolta nella cosiddetta World literature, non solo perché è persuasivamente orale, ma anche carico di silenzi e non detto.

La lingua silenziosa e ribelle di Huck si normalizza solo nel momento in cui entra in gioco il terzo protagonista del libro, il fiume. Qui si sente forte la mano di Twain che, con abile maestria, alza il registro e regala al lettore sequenze descrittive di forte impatto.

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Domenica 8 settembre

L’ultimo giorno di festival lo passiamo tra le rovine del sito archeologico La Cuma, a Monterinaldo. Come ci spiega la guida, è costituito da un santuario di età ellenistica e da numerosi resti di età tardo repubblicana. Ancora oggi, i punti di domanda sulle origini di questo sito sono tanti, ed è proprio in questa cornice misteriosa e carica di storia che assistiamo allo spettacolo teatrale di chiusura del festival, a cura di Isabella Carloni. Circe o il profumo dei maiali è un viaggio che intreccia dramma e commedia, mito e folclore, per ricostruire la figura della maga Circe, vero punto di partenza della cultura mediterranea e della spiritualità femminile. Sola sulla scena, Isabella ha preparato un monologo suggestivo fatto di canti, racconti e aneddoti sulla sua infanzia. Il tutto accompagnato dalle incantevoli note di Andrea Strappa.

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È stato un weekend intenso all’insegna dei classici e della letteratura sotto la sapiente direzione artistica di Stella Sacchini e Fabio Pedone, a cui va il nostro più grande ringraziamento per averci coinvolto e reso media partner di questo festival.

Continuiamo così, militanti e coraggiosi, a sostenere progetti culturali dedicati alla traduzione.

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