TUTTO è JAZZ – Lili Grün
Tutto è jazz racconta la storia di Elli, una ragazza viennese di ventun anni – anche se tutti gliene danno molti meno – e del suo gruppo di amici tra cui Hullo, Suse, Hedwig, Richard e Herbert. Elli è un’aspirante attrice e ama il suo lavoro, il teatro. Vuole a tutti i costi realizzare il suo sogno e conquistare il palcoscenico. Per questo si trasferisce a Berlino, città pulsante negli anni Venti, meta di intellettuali e artisti di ogni genere. Tra le strade e nei locali vivaci e alla moda come il Romanisches Cafè, si riuniscono giovani in cerca di fortuna, con gli occhi sognanti, come lei. Purtroppo però, si sa, il talento spesso non basta. Ma Elli e il suo gruppo di amici sono stanchi di sfiorare il successo. Decidono quindi di unire le forze e fondare il loro cabaret, un trampolino di lancio per sfondare e cominciare a guadagnarsi da vivere. Hullo, il leader del gruppo, sceglierà di chiamarlo Jazz perché è un nome moderno, straniero pieno di ritmo che descrive “ciò che si sente e ciò che si vede” . E quindi i dieci giovani amici si mettono al lavoro: scrivono i pezzi, creano le scenografie, compongono le musiche. Collaborano con passione a questo progetto, uniti dallo stesso spirito, in attesa della prima che coronerà il loro successo. Finalmente si paga l’affitto, si mangia qualcosa di raffinato e non la solita Linsensuppe, si ride e passano anche i brutti pensieri. Ma la spensieratezza dura poco, il mondo dell’arte è spietato. Presto il lavoro cala, (e questo mette a dura prova la serenità di Elli, che comincia a soffrire anche per amore…) Elli vede di nuovo tutto nero: ritornano le ansie, i sacrifici. In più ci si mette anche Robert… il fidanzato, così scettico e diverso da lei. La loro relazione è in bilico, esattamente come il futuro di Elli, che si scoraggia, piange e soffre per amore. Per fortuna c’è l’amica di infanzia Hanna, con cui è rimasta in contatto. Le sue lettere la confortano, la riportano agli anni più belli – al dolce abbraccio di sua madre. E le ricordano che la felicità esiste, basta non smettere di cercarla. Ed è questo che intende fare Elli.
La lingua di Lili Grün arriva all’orecchio del lettore, melodiosa e appena percettibile, come un pianoforte che suona in lontananza. Il suo stile è caratterizzato dalla velocità. Diviene con lo scorrere delle pagine sempre più intensa, con frasi via via più cadenzate, che si susseguono rapide una dopo l’altra. Prevalgono i dialoghi e le scene narrative, che accompagnano la lettura con un piacevole sottofondo musicale. La storia di Elli assume la caratteristica dello sketch; il cabaret si pone quindi come tema principale e modello di scrittura a cui Grün si ispira per ricostruire una vicenda anche molto autobiografica. Elli è l’alter ego dell’autrice (come dimostra la somiglianza sonora dei loro nomi) e la vivacità giovanile di questa ragazza, docile e coraggiosa allo stesso tempo, arriva a descrivere la stessa esperienza di Grün. Anche lei come Elli, si era trasferita a Berlino per cercar fortuna nel mondo del teatro. La scrittura di Lili Grün presenta infine una forte autenticità emotiva. La precarietà e le misere condizioni di vita degli artisti; la povertà crudele che ha volte costringe Elli a digiunare e la porta alla disperazione è analizzata con cura e si rivela credibile agli occhi del lettore in quanto vissuta in prima persona. Questa “vicinanza” porta la scrittrice a utilizzare uno stile molto empatico, con cui mostra una grande sensibilità nei confronti dei giovani artisti, ma soprattutto un fortissimo entusiasmo verso Berlino: ricettacolo di speranze che Lili Grün non ha potuto coltivare per la tragica vita segnata prima dalla tubercolosi, poi dall’emarginazione culturale (in quanto ebrea, non poteva più lavorare) e infine dalla morte prematura in un sito di sterminio (persino più atroce di un campo di sterminio).
Attuale, fresca, viva: era proprio questa l’esperienza di lettura che Enrico Arosio voleva restituire ai lettori italiani di Alles ist Jazz, originariamente pubblicato con il titolo Herz uber Bord. Dico subito che, malgrado il gusto personale e le scelte traduttive (che sono sempre frutto di un’interpretazione), quello che mi ha colpito di questa traduzione è il suo sapore, l’affascinante patina di antico e moderno al tempo stesso. Mi riferisco principalmente ai dialoghi, elemento onnipresente in questo libro. Arosio ha cercato di assecondare la lingua di Grun, una lingua di quasi ottant’anni, senza cedere alla tentazione di attualizzarla. Si dice spesso che le traduzioni vadano svecchiate, ma non è questo il punto, quando ci si confronta con un traduttore che non solo rispetta, ma coglie la preziosità della lingua che sta traducendo. E dunque non interferisce, al contrario regala al lettore più attento la possibilità unica di riscoprire un mondo ormai lontano, e con esso un linguaggio, uno spirito datato ma pieno di eleganza e di grazia. Ho amato anche lo sforzo di Enrico Arosio di vestire i panni di un’eroina femminista come Elli. Il traduttore ha dimostrato una buona capacità di calarsi nel personaggio femminile, soprattutto da un punto di vista introspettivo. Arosio sembra proprio aver colto l’animo di questa creatura delicata, minuta ma al tempo stesso fiera, tenace. Inoltre condivido la resa dei soprannomi molto filologica e vicina all’originale tedesco: in questo modo Arosio ribadisce di aver colto il personaggio di Elli dall’interno, ma permette con questa traduzione di vedere e apprezzare la figura della ragazza nello stesso modo in cui lo facevano le persone intorno a lei. Direi che Arosio ci ha fatto un gran bel regalo, ovviamente sostenuto da un editore coraggioso come Keller.