L’INVENTORE DI SOGNI, IanMcEwan

Pubblicato da Einaudi, 2014, Trad. di Susanna Basso

Peter Fortune è un ragazzino di dieci anni, un po’ annoiato, o forse solo molto distratto, che sistematicamente evade dal tran tran della vita quotidiana per vivere esperienze straordinarie e coinvolgenti create dalla sua fantasia. Dagli altri però Peter viene visto come un ragazzo difficile e problematico, ma a lui «pareva, tutto sommato, di essere un tipo piuttosto facile», uno che viene giudicato male dai professori solo perché «gli piaceva stare da solo e pensare ai suoi pensieri». Il filo conduttore, invisibile, che sembra tessere i sogni a occhi aperti di Peter è la metamorfosi. Ancor prima dell’immaginazione e della fantasia, le sette avventure di questo libro raccontano di trasformazioni, di “passaggi” in altre forme. Mentre si allontana dalla realtà per «salire in groppa ai suoi pensieri» il giovane protagonista abbandona il suo corpo da ragazzino e assume le sembianze di oggetti (le bambole della sorella nel primo racconto), persone (il cugino Kenneth nel racconto «Il piccolo») e persino animali a lui vicini. L’episodio più avvincente della raccolta è proprio quello in cui Peter sogna di poter aprire con una cerniera lampo la pelliccia del suo gatto William, scambiare la sua anima con quella del vecchio felino e vivere, qualche giorno, una vita a quattro zampe. Altre tematiche importanti sono l’incontro con l’altro e il superamento delle paure infantili (come nei racconti «Il prepotente» e «Il ladro»), il disordine tipico dell’età delicata che Peter sta attraversando (racconto «La pomata Svanilina») fino ad arrivare al tema della crescita (racconto «I grandi»). Senza grandi pretese moralistiche «L’inventore di sogni» di Ian Mc Ewan parte dall’incontro/scontro tra il mondo degli adulti e quello dei bambini per estendere la riflessione tra due dimensioni: la realtà e la fantasia. Ne scaturisce un invito molto profondo e interessante, l’invito cioè ad andare oltre i pregiudizi e le apparenze, per riuscire a guardare il mondo con una consapevolezza nuova. Lo sforzo che ci chiede Mc Ewan è quello di cercare un indizio di fantasia nella realtà e di realtà nella fantasia, perché i confini tra questi due poli così estremi, non sono poi così nitidi…

Con un linguaggio semplice, a tratti acerbo, Ian Mc Ewan riesce a catapultarci nella mente creativa di Peter. Pagina dopo pagina lo stile assume un intento così penetrante e mimetico che il lettore non solo sarà sempre più “vicino” a Peter, ma presto imparerà a vedere il mondo con i suoi occhi. Altro aspetto positivo è l’attenzione ai particolari tipici della vita quotidiana. La scrittura è davvero precisa, minuziosa. Può quindi sorprendere, ma Ian Mc Ewan sceglie una lingua estremamente realistica e “ordinaria” per inscenare esperienze surreali e rocambolesche. Forse è proprio nel gioco ironico di abbinare realtà e fantasia che si esprime la grande originalità di questo piccolo libro.

Il vero punto di forza della traduzione di Susanna Basso è quello di aver colto le intenzioni dell’autore e le capacità camaleontiche con cui sfida la nostra lettura, per restituire una lingua adolescenziale caratterizzata da tutte le imprecisioni e le opacità del caso. Con Ian Mc Ewan siamo alla deriva tra le fantasticherie e i pensieri disordinati, confusi di Peter e la traduttrice da lì non ci sposta. La traduzione rispecchia quindi lo stile diretto e intimo dell’autore. Le si deve inoltre riconoscere la creatività di qualche resa ben riuscita come ad esempio la “vanishing cream” del terzo racconto che approda in italiano con l’espressione più fresca e famigliare «pomata svanillina». Del resto anche il titolo del libro in italiano è una traduzione calzante dell’inglese The Daydreamer che è piuttosto difficile da tradurre; «L’inventore di sogni» può risultare un po’ “spiegato” , ma la scelta di questo titolo è apprezzabile perché propone una doppia interpretazione: l’inventore dei sogni potrebbe coincidere sia con l’autore che inventa queste storie, sia con il protagonista stesso che se le crea. Ecco che di nuovo si realizza una sovrapposizione, un effetto a sorpresa che all’autore potrebbe piacere molto. Un ultimo apprezzamento va alla traduzione del capitolo finale, in cui in certi punti il tono si fa davvero poetico. Susanna Basso trasmette la complessità delle sensazioni e l’intensità del momento di grande svolta che sta avvenendo, – Peter riflette sulla vita e diventa grande – modella sull’italiano lo stesso ritmo dell’originale e gira le frasi innondandole con la stessa carica emotiva presente in inglese. Questo l’esempio più riuscito: «Peter si voltò a guardare il mare. Luccicava, fino laggiù, all’orizzonte. Gli si dispiegava davanti, sconosciuto e immenso. Una dopo l’altra le onde si srotolavano e spruzzavano sopra la sabbia, e a Peter sembrarono l’immagine di tutte le idee e le fantasticherie della sua vita.»