VORAGINE, Andrea Esposito

(Il saggiatore, 2018)

«Noi parliamo per non essere inghiottiti dal buio. Poi tacciamo e aspettiamo il buio»

Giovanni ha perso tutto. Il padre, un artista folle che alterna momenti di lucidità ad altri di rabbia feroce; il fratello, lasciato morire di freddo nel suo letto; la casa in cui vive. Inizia così a vagare, solo, verso un destino che ben presto diventa un tutt’uno con quello dell’umanità. Giovanni vaga per giorni, mesi, in un paesaggio distrutto, fatiscente e apocalittico, la cui fine sembra non arrivare mai. Binari morti, campagne arse, resti di palazzi, e acquedotti puzzolenti. Il protagonista pian piano si consuma, diventa un tutt’uno con il paesaggio, ne conosce i luoghi più oscuri e fatiscenti che diventano la sua casa, e il suo rifugio. Ed è proprio da questi rifugi che Giovanni assiste al declino dell’umanità che, pian piano, viene inghiottita in una gigantesca voragine – le persone e i cani iniziano prima a sparire e poi a uccidere, a uccidersi tra loro lasciandosi sopraffare dagli istinti più animaleschi. Durante questo suo errare incontra personaggi che hanno storie da raccontare ma non sempre ci riescono, perché arrivati ormai al termine della loro deplorevole vita. E così Giovanni, che vede e sente cose che nessun altro riesce a vedere né sentire, si fa testimone muto di tutta questa insensatezza, un’«insensatezza che è costruzione e sfacelo».

Voragine è un romanzo crudo, diretto, che Andrea Esposito racconta in maniera magistrale affidandosi a una paratassi portata all’estremo che comunica ansia sin dalla prima pagina. La narrazione si sviluppa in orizzontale, tutta su un binario solo, non ci sono salti temporali né gerarchie sintattiche. Giovanni cammina lungo questo binario mentre la storia, imperterrita, va avanti, sotto gli occhi del protagonista e dei lettori. Il tutto musicato da un ritmo incalzante che tiene il lettore incollato alla storia, a Giovanni, e a questo paesaggio senza nome e senza tempo che trascina l’umanità nel baratro e la conduce verso un unico, imprescindibile finale.